La trilogia dell’anello, nata come sequel de “Lo hobbit”, è tra le saghe più belle e probabilmente la migliore opera di J.R.R. Tolkien. I suoi ammiratori hanno potuto goderne la versione cinematografica proposta da Italia 1 nei primi giorni dell’anno nuovo. La trama nasconde molteplici allegorie di carattere politico, ma l’impronta della saga è di tipo teologico e guerresco, poiché l’autore si concentra soprattutto sulla lotta tra bene e male e concetti come la morte, il sacrificio, la misericordia, la redenzione e il libero arbitrio.
Due personaggi che rappresentano perfettamente questi temi sono “Frodo Baggins” e “Smeagol”. Il primo è il protagonista assoluto della trilogia, capo della Compagnia dell’anello e portatore dello stesso anello del potere, che deve distruggere definitivamente per evitare che possa tornare al suo padrone e renderlo invincibile. L’unico luogo in cui può essere distrutto è Mordor, nel monte Fato, dove fu forgiato. Frodo rappresenta naturalmente il bene. Gli si contrappone Smeagol, terzo portatore dell’anello dopo il suo legittimo padrone. Non rappresenta il male assoluto ma la vittima di un potere più grande di lui, da cui è stato corrotto e condotto alla pazzia.
Dal secondo capitolo in poi la guida di Frodo verso Mordor sarà proprio Smeagol, che attirato dall’anello cercherà di riprenderlo conducendo il giovane attraverso i sentieri più insidiosi, spesso abitati da creature mostruose. Nonostante gli evidenti tentativi di Smeagol di uccidere Frodo, salvato la maggior parte delle volte dall’amico Sam, quest’ultimo non riesce mai a fargli del male. E’ misericordioso nei suoi confronti poiché sa che non fu in origine cattivo e spera che si possa redimere. Sarà questo uno dei punti chiave della saga.
Il viaggio termina con la distruzione dell’anello del potere, con cui muore Smeagol, che tenta fino alla fine di salvarlo cadendo tra le crepe del Fato mentre il capitolo si conclude con la partenza di Gandalf, Frodo e suo nonno Bilbo. La fine del signore degli anelli è simbolica, poiché partono insieme a Gandalf gli ultimi due portatori dell’anello, nonché gli unici ancora in vita.
L’insegnamento che vuole dare Tolkien è che la guerra non è mai gratuita, nemmeno per i vincitori, nella sostanza i vincitori non esistono. Tutti ne sono colpiti, chi viene strappato alla vita, o chi resta ed è condannato al ricordo di immagini tragiche o a dolorosi ed inevitabili lutti. Caso simile è quello dei partenti nel finale, corrotti dal potere dell’anello per sempre e costretti a partire. Frodo, per tutta la durata del viaggio, non cede il fardello a nessuno proprio perché conosce i rischi che questo comporterebbe, e compie il sacrificio che salverà innumerevoli vite.
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