Il fenomeno delle fake news continua a diffondersi con preoccupante facilità, coinvolgendo anche le nuove generazioni. Secondo l’indagine Alfabetizzazione digitale & Fake News, realizzata da Ipsos, Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e Parole O_Stili con il contributo di Fondazione Cariplo, il 31% degli studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado ha ammesso di mettere like a notizie non verificate. Ancora più significativo è il dato che evidenzia come il 51% dei giovani utilizzi i social come principale fonte di informazione, senza un’adeguata capacità di verifica dei contenuti.
L’indagine, condotta su un campione di oltre 4.800 studenti e presentata durante il Festival della comunicazione non ostile a Trieste, offre un quadro chiaro e inquietante: molti ragazzi si trovano da soli ad affrontare il mare di informazioni digitali, senza strumenti adeguati per distinguere il vero dal falso.
L’assenza di consapevolezza degli adulti
«I ragazzi si trovano spesso soli di fronte al problema delle fake news – spiega Rosy Russo, presidente e fondatrice di Parole O_Stili – così come in molti altri ambiti legati all’uso della rete, che viene ancora percepita come un mondo a parte, meno rilevante o impattante». Il problema, secondo Russo, non riguarda solo la capacità dei giovani di riconoscere una notizia falsa, ma anche la mancanza di consapevolezza da parte degli adulti. «Ciò che manca davvero è la consapevolezza della responsabilità di abitare la rete e di educare i più giovani a una cultura digitale sana».
I dati dell’indagine lo confermano: solo un genitore su tre affronta il tema di internet e della disinformazione in famiglia. Questo lascia i ragazzi senza riferimenti chiari, in un ambiente digitale che richiederebbe invece una guida consapevole e responsabile.
Più competenze digitali, ma non meno fake news
Un altro aspetto rilevante emerso dallo studio riguarda il rapporto tra competenza digitale e vulnerabilità alle fake news. «Neanche una maggiore competenza digitale mette al riparo dalla diffusione delle fake news – spiega Giuseppe Riva, professore di Psicologia della comunicazione e direttore di Humane Technology Lab all’Università Cattolica – dal momento che, sulla base dei risultati della ricerca, gli studenti che si dichiarano più competenti tendono a condividere e apprezzare più contenuti falsi».
Questo paradosso suggerisce che la fiducia nelle proprie capacità digitali non si traduce automaticamente in una maggiore capacità critica. A volte, anzi, chi si considera esperto tende a verificare meno le informazioni, cadendo nella trappola della disinformazione con maggiore facilità.
Educazione e responsabilità condivisa
La ricerca dimostra che non basta insegnare ai giovani a usare la tecnologia: è necessario accompagnarli nella costruzione di un pensiero critico e di un approccio consapevole alle informazioni online. Questo compito non può ricadere solo sulla scuola, ma deve coinvolgere le famiglie, le istituzioni e le piattaforme digitali. Come sottolinea Elena Marta, professoressa di Psicologia sociale e di Psicologia di Comunità all’Università Cattolica, la metodologia adottata in questa ricerca è stata innovativa: «Non solo è stata rilevata l’auto-percezione degli adolescenti in merito alle loro competenze digitali, ma è stata proposta la visione di fake news certificate come tali, indagando in tempo reale il comportamento dei giovani al riguardo».
I risultati parlano chiaro: il contrasto alla disinformazione non può essere lasciato al caso. Servono strumenti educativi mirati, un dialogo più aperto tra genitori e figli e una maggiore responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti nell’ecosistema digitale. Solo così si potrà formare una generazione capace di abitare la rete con consapevolezza, senza cadere vittima della manipolazione delle fake news.