La kermesse sanremese continua a regalarci emozioni con artisti che portano sul palco brani ricchi di pathos e significati profondi. Quest’anno, tra ballad struggenti e ritmi più incalzanti, emergono quattro canzoni che affrontano il tema dell’amore, della perdita e dell’incontro con sé stessi e con gli altri
di Grazia De Falco, Chiara Chirico, Cristiana Cardillo, Cristian Mazzarella, Serena Cutolo, Flavia Savarese e Ludovica Sommaiuolo
Noemi – “Se ti innamori muori”
Una ballad romantica che esplora il coraggio di amare, mettendo in luce il rischio insito nel lasciarsi andare ai sentimenti. Il messaggio è chiaro: l’amore comporta sempre una sorta di sacrificio, un po’ come il concetto di “pathos” nella tragedia greca, dove il destino è segnato ma vissuto con una piena accettazione. La frase chiave, “la sensazione che se ti innamori muori… serenamente”, richiama il paradosso dell’amore totalizzante, che annienta e al contempo appaga, un po’ come il mito di Eros e Thanatos.
Elodie – “Dimenticarsi alle 7”
Un raffinato incontro tra musica leggera e deep house, il brano di Elodie esplora il dramma romantico della perdita e della memoria. Il testo gioca sulla fragilità del legame umano, evocando un distacco che, pur essendo teoricamente possibile, si rivela impraticabile per chi ha vissuto un amore autentico. Il verso “dimenticarti alle 7 / così di un giorno qualunque” richiama il concetto greco di “Anamnesi”, la memoria che ritorna inesorabile nonostante gli sforzi di oblio. Come nel mito di Orfeo ed Euridice, la protagonista cerca di voltarsi e andare avanti, ma qualcosa la trattiene nel passato.
Massimo Ranieri – “Tra le mani un cuore”
Ranieri ci regala un’interpretazione intensa, con un brano che parte dall’intimità di un amore privato per poi allargarsi a un messaggio collettivo. Il cuore che si tiene tra le mani richiama il concetto di agape, l’amore universale e incondizionato, che si oppone all’egoismo e alla chiusura. “Se hai tra le mani un cuore / tu tienilo in alto” sembra quasi una rievocazione del gesto di Alcesti, che sacrifica sé stessa per amore del marito. Inoltre, la frase “e amalo in ginocchio su un altare” richiama l’idea del sacrificio, un valore centrale nella cultura greca antica.
Olly – “Balorda nostalgia”
Olly porta una canzone dal titolo emblematico: la nostalgia, concetto di origine greca (nostos, il ritorno, e algos, il dolore), diventa protagonista. Il brano sembra affrontare il tema del passato che ritorna con una malinconia dolceamara, che rimanda all’Odissea, dove Ulisse incarna la tensione continua tra il desiderio di partire e la voglia di tornare. La nostalgia qui non è solo un sentimento personale, ma anche un ponte tra passato e presente, tra ciò che è stato e ciò che potrebbe ancora essere.
Willie Peyote – “Grazie ma no grazie”
Il brano di Willie Peyote si configura come una vera e propria satira della società contemporanea, in cui il testo si fa veicolo di una critica tagliente, irriverente e, soprattutto, fortemente ancorata al mondo della cultura e della classicità. Un riferimento esplicito e determinante è rappresentato dal monologo tratto dall’ottava scena del secondo atto di “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand. Questo richiamo non è casuale: Peyote, infatti, sfrutta la potenza retorica e la carica epica di un testo classico per ribaltarne il senso, rispondendo ironicamente alle dinamiche attuali. Il titolo stesso – “Grazie ma no grazie” – evoca quella risposta secca e dissacrante tipica del personaggio rostandiano, che si oppone a convenzioni e ipocrisie con spirito ribelle e paradossale.
Nel testo si notano numerose allusioni a retoriche popoliste e discorsi semplificati, che Peyote decostruisce attraverso un linguaggio diretto, quasi parlato, e ricco di sarcasmo. Espressioni come “Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare nelle piazze” o “Questa gente non fa un cazzo, li mantengo tutti io con le mie tasse” non solo richiamano la realtà politica e sociale, ma si rifanno anche a quella tradizione letteraria della satira, dove grandi autori hanno saputo mettere in discussione le contraddizioni del potere e della società con ironia e mordacità. In questo senso, Peyote si pone come un moderno satirico che, ispirandosi alle orme dei classici della letteratura, invita l’ascoltatore a guardare oltre le apparenze e a riflettere criticamente sul dibattito pubblico.
Il discorso del brano si sviluppa in una struttura ritmica incalzante, che richiama lo stile del canto parlato (spoken word) e permette una lettura quasi teatrale del testo. Questa scelta stilistica, che ricorda le performance dei poeti della Beat Generation o gli atti declamatori dei poeti romantici, accentua il legame tra la modernità del linguaggio urbano e il retaggio della tradizione letteraria. La ripetizione del ritornello, “Grazie ma no grazie”, diventa così un mantra ironico, capace di condensare in poche parole una critica feroce ma allo stesso tempo ironica nei confronti di una società che si scontra con i suoi stessi limiti.
Sarah Toscano – “Amarcord”
Il titolo di “Amarcord” evoca immediatamente il capolavoro cinematografico di Federico Fellini, divenuto sinonimo di un’epoca e di un modo di vedere il mondo. Sebbene il brano di Sarah Toscano non riprenda direttamente la trama del film, l’uso del termine assume una valenza simbolica profonda, richiamando la memoria e la rievocazione del passato, temi cari sia al cinema classico che alla letteratura nostalgica.
La parola “amarcord”, coniata da Fellini, si è trasformata in un richiamo universale alla memoria affettiva e all’intensità dei ricordi. Nel testo, la protagonista si confronta con un’esperienza amorosa ormai passata, rievocata attraverso immagini poetiche e simboliche. Ad esempio, il riferimento a una “ruota panoramica” e l’evocazione della “vie en rose” di Édith Piaf creano un quadro emozionale in cui il tempo sembra sospeso. Quest’ultimo riferimento, pur non essendo propriamente letterario, richiama la tradizione della chanson francese e il modo in cui il sentimento viene immortalato nella cultura europea, contribuendo a dare al brano un alone di classicità e romanticismo senza tempo.
Sul piano stilistico, Sarah Toscano utilizza un linguaggio semplice ma evocativo, capace di trasportare l’ascoltatore in un mondo fatto di ricordi e di emozioni contrastanti. La nostalgia per un passato che era al contempo magico e doloroso si fonde con la consapevolezza che rivisitare certi momenti possa portare anche a una maggiore maturità interiore.
Questa tensione tra il desiderio di rivivere un tempo migliore e la necessità di andare avanti è un tema ricorrente nella letteratura romantica e nella poesia nostalgica, in cui il ricordo diventa un elemento fondante per la costruzione dell’identità. In un certo senso, “Amarcord” si configura come una moderna elegia, in cui il passato non è solo rievocato con dolcezza, ma anche analizzato criticamente, come in alcune opere letterarie che riflettono sul trascorrere del tempo e sulla fugacità della giovinezza.
Gaia – “Chiamo io chiami tu”
Il brano “Chiamo io chiami tu” di Gaia si presenta come un’esplorazione delle dinamiche di una relazione ambivalente, in cui il dialogo – e, al contempo, il silenzio – assumono una valenza quasi rituale. Pur non essendo punteggiato da riferimenti letterari espliciti come nel caso di altri brani, il testo si nutre di immagini e simboli che richiamano la tradizione poetica e la classicità della narrazione.
Il titolo stesso, con la ripetizione ritmica di “chiamo io, chiami tu”, richiama alla mente l’idea di un dialogo ciclico e inesorabile, quasi come un’eco che risuona nei saloni della tradizione letteraria europea, dove il confronto e la replica hanno sempre costituito il fulcro della comunicazione. Questa struttura dialogica, seppur apparentemente semplice, può essere interpretata come una metafora delle relazioni umane, in cui l’interazione – fatta di alti e bassi, di domande e risposte – è destinata a ripetersi fino a diventare una sorta di rituale esistenziale.
Nel testo, Gaia dipinge un quadro di una relazione che si muove tra la leggerezza e la malinconia: espressioni come “lo stesso film” e “tanto non ne vale la pena” suggeriscono la fatica di un legame che, pur riproponendosi costantemente, non riesce a dare soddisfazione emotiva. L’immagine dei “rami contorti dell’edera”, seppur non esplicitamente collegata a un’opera letteraria, richiama simbolismi classici. L’edera, infatti, è spesso utilizzata nella poesia e nella pittura come emblema della crescita rigida e della natura che si aggrappa, proprio come un amore che non sa lasciarsi andare, rimanendo imprigionato in un ciclo di attesa e delusione.
Clara – “Febbre”
Con “Febbre”, Clara offre un brano che indaga il lato oscuro e passionale delle relazioni, utilizzando una metafora potente per descrivere un amore che brucia e consuma. Pur non presentando riferimenti letterari diretti, il testo si nutre di immagini e concetti che trovano affinità con tematiche classiche e con il linguaggio poetico che ha attraversato i secoli.
Uno degli elementi centrali del brano è l’uso del termine “febbre” come simbolo di un’emozione travolgente e distruttiva. La febbre, che nella tradizione letteraria è spesso associata a passioni incontrollate e a un’energia quasi apocalittica, diventa qui il metro con cui si misura l’intensità di un sentimento che confonde e travolge. La frase “Non dire ‘je t’aime’, dimmelo se ciò che provi è solo febbre” mette in luce la contrapposizione tra l’amore autentico e quelle dichiarazioni vuote, un tema che richiama la tradizione della poesia romantica e dei grandi autori francesi, che hanno sempre indagato la sottile linea tra passione e illusione.
La scelta del linguaggio, caratterizzato da immagini forti e viscerali – “tu mi guardi dall’alto trascinandomi in basso”, “i tuoi occhi Blu Klein” – evoca un’estetica quasi pittorica, dove ogni parola diventa un pennello capace di dipingere il dolore e l’intensità di una relazione malata. Anche se non vi è un esplicito riferimento a opere letterarie classiche, il tono e l’approccio narrativo ricordano le atmosfere cupe e tormentate della letteratura del XIX secolo, in cui l’amore è spesso rappresentato come un fuoco che, pur riscaldando, può anche consumare ogni cosa.
Il brano si sviluppa in una struttura che alterna momenti di introspezione e di energia pulsante, quasi a ricordare i ritmi incalzanti delle tragedie classiche, dove l’eroe – o, in questo caso, l’innamorata – si trova intrappolata in un destino inevitabile. Questa dinamica richiama alla mente le grandi opere romantiche, in cui il conflitto interiore e la tensione emotiva sono elementi imprescindibili per la costruzione del dramma umano.
Fedez – “Battito”
Fedez si presenta alla 75esima edizione del Festival di Sanremo con “Battito”. Il cantante spiega il significato della sua canzone in un post Instagram, in cui afferma: “Battito è una canzone d’amor e d’odio. […] Battito è un richiamo a chi non vuole più fuggire. Non è più tempo di scappare, è tempo di cadere”.
La donna di cui parla Fedez nel suo brano è la depressione. La frase chiave del testo di Fedez è: “forse mento quando ti dico sto meglio”. È importante porre attenzione a questa frase, poiché ha un significato più profondo legato alla critica sociale. Molto spesso, nella società in cui viviamo, avere un qualunque tipo di problema legato alla salute mentale equivale ad avere una debolezza, e chi ne soffre è costretto ad andare avanti come se nulla fosse. Lo scopo di Fedez, in questo brano, è quello di spingere ad ascoltare il nostro corpo e i segnali che manda, che spesso vengono ignorati ma che, come afferma lui stesso “Fingiamo di non sentirli, di non vederli, ma loro sono lì. Nel silenzio. Nel vuoto che rimbomba più forte di qualsiasi applauso o fischio”.
Bresh – La tana del granchio
“La tana del granchio” di Bresh è definita dall’autore stesso una “canzone ubriaca”. La tematica principale del brano è la difficoltà dello spiegare a parole emozioni forti. Il rapper ha raccontato poco sul suo brano, preferendo lasciare attorno al pezzo un alone di mistero. Ha spiegato cos’è la tana del granchio, cioè un luogo segreto che all’interno del pezzo rivela i suoi segreti. Bresh ha affermato di non voler raccontare troppo della canzone perché preferisce “fare maturare questo pezzo da solo”.
Dal testo emergono, sin dall’inizio, immagini evocative, come quando l’autore scrive:
“Nella tana del granchio c’è una canzone
Ho posato i miei vestiti al sole
Ti ho vista piangere dietro alle mie parole
Ma non sapevo cos’altro dire di te”
Questi versi vogliono sentimenti profondi, ma al contempo si sottolinea la difficoltà dell’esprimere a prole le proprie emozioni. Ricorrono nel testo anche metafore potenti:
“Sono una madre che si sgola
Una testa che gira ancora
Una chitarra che non suona
Una borsa piena di buchi”
Queste immagini rappresentano frustrazione, confusione e inefficacia, sottolineando la difficoltà nel comunicare e nel farsi comprendere.A TV Sorrisi e Canzoni l’artista racconta che “sarà una canzone da cantare a squarciagola, abbastanza originale”.
Rose Villain – “Fuorilegge”
Tra i protagonisti di Sanremo c’è, per il secondo anno consecutivo, Rose Villain, che quest’anno gareggia con “Fuorilegge”. Il brano racconta il desiderio, la solitudine, la trasgressione e la lontananza.
Il termine “fuorilegge” è la metafora per descrive una condizione in cui il desiderio e l’amore portano a sentirsi al limite delle norme convenzionali. Questo desiderio di cui parla l’artista è così intenso da far sentire illegali, come se provare emozioni forti porti alla violazione di qualche regola.
Con riferimenti culturali (come la reference di Bonny e Clide), musicali (citando “almeno tu nell’universo” di Mia Martini) e l’evocazione di immagini poetiche il brano invita gli ascoltatori a riflettere sulle norme che regolano le relazioni umane. Leggi non scritte, che condizinano per l’uomo a vivere i propri sentimenti senza esagerazione. Il brano può essere considerato un’implicita critica al tentativo di sedare le proprie emozioni, di non esprimerle nella loro completezza per non risultare esagerati all’occhio altrui, come se la pura espressione delle proprie sensazioni fosse prerogativa dei “fuorilegge”.
La cantante ha affermato: “Fuorilegge è una canzone che parla di desiderio, di passione quasi soffocante, in realtà è forse una delle cose che fa sentire più vivi”.
Irama- “Lentamente”
Alla quinta partecipazione al Festival di Sanremo, Irams si presenta con “Lentamente”. Il brano affronta il tema di un amore viscerale che si distrugge lentamente fino a consumare entrambe le parti che lo provano, come sottolinea appunto lo stesso titolo. Viene evidenziato cosa avviene quando pian piano i sentimenti si affievoliscono fino a spegnersi definitivamente. Con un linguaggio diretto e la presenza di immagini evocative, Irama si mette a nudo, descrivendo le conseguenze di un amore che è destinato a finire, sottolineando anche l’importanza di soffrire, sognare e correre insieme affinché una relazione resti viva. Ciò si evince dai versi:
“E te lo si legge dagli occhi che mi odi
E se in amore non soffri, non sogni, non corri, non so innamorarmi di te”
Francesca Michielin – “Fango in paradiso”
Tra le canzoni in gara c ‘è “ Fango in Paradiso “ di Francesca Michielin. La cantautrice è sicuramente una delle più complete artiste del festival, la sua canzone racconta la fine di un amore e del dolore provocato da questa separazione. In questa canzone Francesca Michielin da un’immagine di sé molto diversa da quella del passato, espone se stessa con le sue fragilità all’interno del testo. E’ sicuramente una canzone molto più personale e intensa ricca di immagini che danno delle forti sensazioni a chi ascolta il testo, proprio l’inizio della canzone offre un’immagine di forte malinconia e tristezza “ Dopo centomila lacrime, le grondaie cadono”.
Rkomi- “Il ritmo delle cose”
Un altro artista partecipante del festival di quest’anno è Rkomi, che fece già una prima apparizione nel 2021 con il brano Insuperabile. La canzone da lui portata quest’anno si intitola “il ritmo delle cose”. Questa canzone parla del caos all’interno delle relazioni. La canzone inizia proprio con una serie di domande. Sono presenti immagini di smarrimento e confusione, accentuate da parole che richiamano questo senso di caos. Generalmente è un testo elettro-pop che mira a conquistare le classifiche della radio più che quella del Festival.
Brunori Sas – “L’Albero delle Noci”
Brunori Sas si presenta a Sanremo quest’anno con la canzone l’Albero delle Noci. Il testo è dedicato a sua figlia Fiammetta e di come la nascita di sua figlia abbia cambiato la sua vita. Sono pregnanti all’interno del testo le riflessioni sulle difficoltà della vita. Il testo si apre proprio con l’immagine delle foglie che crescono sull’albero e introduce proprio il tema principale della canzone cioè la trasformazione portata dalla nascita di un figlio. Questo possiamo identificarlo proprio nel verso “Io come sempre canguro fra il passato e il presente” che da proprio la sensazione di essere sospeso tra il passato e il nuovo ruolo in qualità di padre che dovrà ricoprire.
Modà – “Non ti dimentico”
Il gruppo pop rock milanese canterà sul palco dell’Ariston quest’anno il brano “Non ti dimentico”. Affronta il tema di un amore finito e colpito dai rimpianti. Il testo si apre con una riflessione che evidenziano le difficoltà e il tormento che colpiscono il protagonista. Emerge poi l’immagine di una persona persa nei propri pensieri che cerca risposte in sé stesso, una visione qiuindi introspettiva. Prosegue poi con la descrizione del ricordo dell’amata e dell’impossibilità nell’accettare la fine di questa relazione. I Modà quindi in questo brano affrontano temi tipici di una separazione, anche con uno sguardo introspettivo.
Rocco Hunt – “Mille volte ancora”
Rocco Hunt torna al Festival di Sanremo 2025 con il brano “Mille vote ancora”, una canzone che intreccia italiano e dialetto napoletano per raccontare una storia personale e universale. Il titolo, che significa “Mille volte ancora”, suggerisce un desiderio persistente di ritorno alle origini, nonostante le difficoltà incontrate lungo il percorso.
Il testo è un viaggio autobiografico che riflette sulle sfide affrontate dall’artista nella sua città natale, Salerno. Rocco Hunt esprime una nostalgia agrodolce per la sua terra, evidenziando sia le difficoltà che le contraddizioni di crescere in un ambiente complesso, sia la forza e la determinazione necessarie per superarle. Questa dualità emerge chiaramente nei versi in cui descrive il bambino che sogna nonostante non abbia nulla, sottolineando la resilienza e la speranza che lo hanno accompagnato nel suo percorso.
Musicalmente, la canzone fonde elementi di rap mediterraneo con melodie evocative, creando un’atmosfera che richiama il senso di vuoto e desiderio di chi è costretto a lasciare la propria terra. Il ritornello enfatizza il legame indissolubile con le proprie radici, esprimendo il desiderio di tornare “mille volte ancora” al luogo che, nonostante le sue complessità, rimane casa.
Con “Mille vote ancora”, Rocco Hunt offre una riflessione profonda sul rapporto con la propria terra, mettendo in luce le sfide dell’emigrazione e il desiderio di riscatto. La canzone rappresenta un messaggio potente per le nuove generazioni, incoraggiandole a non dimenticare le proprie origini e a perseverare nonostante le avversità.
Giorgia – “La cura per me”
Giorgia torna al Festival di Sanremo 2025 con il brano “La cura per me”, segnando la sua quinta partecipazione nella categoria Big. La canzone, scritta da Blanco e Michelangelo, affronta temi profondi legati all’amore, alla solitudine e alla ricerca interiore.
Il testo descrive una relazione tormentata in cui la protagonista si sente intrappolata tra il desiderio di avvicinarsi all’altro e la paura di rimanere sola. L’amore viene presentato come una “cura” per le proprie insicurezze e ferite emotive, ma al contempo emerge la consapevolezza che la vera guarigione deve avvenire dentro di sé. Giorgia stessa ha sottolineato che “la cura va cercata dentro di sé”, evidenziando l’importanza di un percorso interiore di crescita e accettazione. 
Musicalmente, la canzone combina la potente vocalità di Giorgia con una melodia intensa, creando un’atmosfera che riflette le emozioni contrastanti del testo. Il ritornello enfatizza il ruolo dell’altro come “cura” e “avventura”, ma riconosce anche la necessità di affrontare le proprie paure per evitare la solitudine.
Con “La cura per me”, Giorgia offre una riflessione profonda sulla complessità delle relazioni e sull’importanza dell’amore come strumento di guarigione, pur riconoscendo che la vera cura risiede nella scoperta e nell’accettazione di sé stessi.
Lucio Corsi – “Volevo essere un duro”
Lucio Corsi debutta al Festival di Sanremo 2025 con il brano “Volevo essere un duro”, una ballata che offre un’analisi profonda e ironica delle aspettative personali e delle disillusioni della vita. Il titolo stesso suggerisce il desiderio di apparire forte e invulnerabile, un’aspirazione comune che spesso si scontra con la realtà delle proprie fragilità.
Nel testo, Corsi elenca una serie di immagini e ruoli associati all’idea di “duro”: un robot, un lottatore di sumo, uno spacciatore in fuga, una gallina dalle uova d’oro. Queste metafore rappresentano figure percepite come forti o invincibili. Tuttavia, l’artista ammette di non possedere tali qualità, riconoscendo le proprie paure e debolezze: “Però non sono nessuno / Non sono nato con la faccia da duro / Ho anche paura del buio”. Questa confessione mette in luce la tensione tra l’immagine ideale di sé e la realtà personale.
Un tema ricorrente nella canzone è il confronto tra le aspettative dell’infanzia e la realtà adulta. La frase “Vivere la vita è un gioco da ragazzi / Me lo diceva mamma ed io / Cadevo giù dagli alberi” richiama i consigli materni e l’innocenza dell’infanzia, contrapponendoli alle sfide e alle delusioni dell’età adulta. Corsi riflette su come la vita possa essere dura per le persone comuni, quelle “normali” che affrontano difficoltà quotidiane e mancanza di affetto: “Quanto è duro il mondo / Per quelli normali / Che hanno poco amore intorno / O troppo sole negli occhiali”.
In conclusione, Lucio Corsi, attraverso “Volevo essere un duro”, offre una riflessione sincera sulla difficoltà di conformarsi alle aspettative sociali e personali, sottolineando l’importanza di accettare le proprie vulnerabilità. La canzone invita l’ascoltatore a riconoscere e abbracciare la propria autenticità, accettando che la vera forza risiede nell’essere fedeli a sé stessi.
Tony Effe: “Damme na mano”
Il palco dell’Ariston, quest’anno, ha visto Tony Effe portare un brano che mescola il sapore crudo della strada con la vulnerabilità di un amore tossico.
La canzone si presenta come un diario intimo, ma allo stesso tempo una cronaca spietata delle dinamiche di una relazione turbolenta. E proprio in questo equilibrio tra amore e conflitto risiede il cuore pulsante del testo.
La capitale non è solo uno sfondo geografico, ma diventa coprotagonista della narrazione. Le “strade di Roma” e i “sanpietrini” non sono semplici dettagli paesaggistici: rappresentano un percorso esistenziale fatto di inciampi e durezza, ma anche di memoria e radici. Roma è la città eterna, ma in questa canzone diventa il teatro di un amore che, al contrario, sembra destinato a consumarsi rapidamente.
Il protagonista del brano si definisce un “uomo d’onore”, ma la sua idea di onore è intrisa di una mascolinità fragile e contraddittoria. Inizia dichiarando “Io non soffro per te / Non so fare l’attore”, ma il testo si trasforma in una confessione dove l’ammissione del dolore arriva inevitabile: “Io ho sofferto per te / Ora so fare l’attore”. L’apparente durezza iniziale si sgretola, lasciando spazio a una consapevolezza che svela l’inganno dell’autodifesa emotiva. La maschera cade, e il protagonista si ritrova solo con il peso dei suoi sentimenti.
Questa dinamica richiama il concetto classico della hybris, l’eccesso di orgoglio che porta inevitabilmente alla caduta.
Il ritornello ripetuto “Damme ‘na mano / Che c’ho ner core / Solo ‘na donna e ‘na canzone” diventa una specie di motto interiore, che evidenzia la dipendenza affettiva del protagonista. La donna e la canzone, uniche presenze nel suo cuore, si fondono in una dualità indissolubile, quasi che l’arte e l’amore siano due facce della stessa medaglia, entrambe capaci di salvare o condannare.
L’ossessione amorosa è descritta con la stessa intensità delle passioni autodistruttive: “A te piace sbagliare, farmi del male / Mi alzi le mani, poi ti vuoi scusare”. C’è un gioco perverso di potere e sottomissione, che ricorda le tragedie greche dove il destino dei personaggi è segnato da relazioni distruttive e irrisolvibili. L’amore qui non è mai un rifugio sicuro, ma una lotta continua, un campo di battaglia dove nessuno esce davvero vincitore.
La canzone di Tony Effe a Sanremo 2025 è un ritratto sincero e spietato della complessità dei rapporti moderni, ambientato in una Roma che diventa specchio dell’anima. Tra riferimenti alla cultura popolare romana e una narrazione che sfiora i temi della tragedia classica, il brano si muove sul filo sottile che separa il sentimento dalla sofferenza, l’amore dalla dipendenza. È la storia di un uomo che si scopre fragile dietro una facciata di forza, in una città che, come lui, porta i segni del tempo e delle battaglie vissute.
Serena Brancale: “Anema e core”
Serena Brancale porta sul palco di Sanremo 2025 un brano che è un insieme di culture e suggestioni visive. Anema e Core non è solo un omaggio alla tradizione musicale italiana, ma anche un viaggio che attraversa l’oceano, fondendo l’estetica del cinema italo-americano con la vivacità del neomelodico napoletano e la raffinatezza del jazz. Il risultato è una canzone che pulsa di energia moderna.
C’è un dualismo tra realtà e finzione, ma anche un richiamo alla letteratura classica latina: l’uso del motto “Carpe diem” all’inizio del brano suggerisce un invito a vivere il momento presente, consapevoli però che il domani potrebbe portare inganni e delusioni. Un’eco dell’eterno conflitto tra l’effimero e il duraturo che attraversa la storia dell’arte e della letteratura.
Nonostante le influenze cosmopolite, il cuore della canzone batte al ritmo dialettale. L’omaggio al neomelodico è esplicito, tanto nei suoni quanto nel linguaggio: “Non lo so se ti suonerà neo-melodico, ma stanotte ti dedico: Anema e Core”. Brancale riprende questa tradizione, ma la rilegge in chiave contemporanea, contaminandola con sonorità jazz e beat moderni (“Perché metti questa cassa dritta? Io con te vorrei ballare salsa”), e inserendo elementi linguistici che danno autenticità al racconto: “Pccè io e tè / Sim na cosa sola, / Sim du facce della stessa luna”. Questo passaggio in particolare richiama la poetica popolare napoletana, dove l’amore viene spesso descritto con immagini semplici ma potenti, legate alla natura e alla quotidianità.
Questa fusione tra neomelodico e jazz crea un contrasto affascinante: da un lato la passione esplosiva della tradizione, dall’altro la sofisticatezza e l’improvvisazione del jazz.
Il brano di Serena Brancale è anche un esempio di come la musica italiana contemporanea stia abbracciando sempre più il multiculturalismo. L’alternanza tra italiano, dialetto e inglese (“Baby I love u, Nenné ti amo”) riflette una società in cui le identità linguistiche e culturali si mescolano, creando nuove forme di espressione. Questo non è solo un gioco stilistico, ma una dichiarazione d’intenti: la musica, come l’amore, supera i confini e si nutre delle contaminazioni.
Anema e Core di Serena Brancale, dunque, è un brano che riesce a essere al tempo stesso nostalgico e moderno, locale e globale.
Joan Thiele: “Eco”
Con Eco, il brano presentato a Sanremo 2025, Joan Thiele porta una ballata intensa e personale che mescola introspezione e forza emotiva. La canzone esplora il tema della fragilità come leva per il coraggio, raccontando una storia di crescita e di legami familiari complessi.
La canzone si apre con un’affermazione di indipendenza: “Questa mia vita è il mio viaggio ed io / Traccio da sola le scelte che faccio”. Tuttavia, la presenza dell’altro – un fratello, un compagno o un amico d’infanzia – dona forza: “Ma se ci sei tu ho più coraggio”. Il titolo Eco riflette questa dinamica: l’altro diventa un’eco che accompagna il protagonista, un riflesso emotivo che risuona nelle scelte e nei momenti difficili. La musica diventa rifugio e connessione, un balsamo che allevia la solitudine, ricordando la funzione catartica attribuita all’arte fin dai tempi della tragedia greca.
Il testo tocca corde profonde legate all’instabilità familiare e all’indifferenza sociale: “Sarà che per noi la famiglia non è mai la stessa / Siamo figli dell’indifferenza”. Qui si intravede un parallelismo con la pietas romana, il senso di dovere verso i legami affettivi e la comunità, ma in una versione moderna e spogliata di idealismi, dove l’amore materno resta l’unico punto fermo: “Cresciuti da una donna più pura della bellezza”.
Joan Thiele, con Eco, racconta il coraggio di affrontare la vita senza maschere. Il brano, tra riferimenti classici e una sensibilità contemporanea, si fa portavoce di una generazione che trova nella vulnerabilità una nuova forma di forza, trasformando ogni paura in un’eco di resistenza e speranza.
Coma Cose: “Cuoricini”
Con Cuoricini, i Coma Cose portano a Sanremo 2025 una critica ironica e malinconica alle relazioni nell’era digitale. Il brano gioca con il simbolo dei like – i famosi cuoricini – per raccontare un amore svuotato di autenticità, dove l’apparenza sui social sostituisce il legame reale: “Pensavi solo ai cuoricini, cuoricini / Stramaledetti cuoricini”.
La canzone descrive la fragilità emotiva con immagini quotidiane e surreali, come “Oggi mi sento una pozzanghera” o “Come maionese ci sto male”, alternando ironia e malinconia. Dietro il tono leggero, però, emerge una critica profonda alla modernità: “Un divano e due telefoni / È la tomba dell’amore” sintetizza il modo in cui la tecnologia, anziché unire, finisce per isolare.
Il finale, con “Mi hai portato via da tutta quanta la modernità”, lascia spazio alla speranza di ritrovare un amore autentico, ma il dubbio resta: è davvero possibile sfuggire all’influenza dei cuoricini digitali? Con il loro stile unico, i Coma Cose ci invitano a riflettere sull’equilibrio fragile tra connessione virtuale e realtà emotiva.
Francesco Gabbani: “Viva la Vita”
Con Viva la Vita, Francesco Gabbani torna a Sanremo 2025 con un brano che celebra la bellezza effimera e contraddittoria dell’esistenza. La canzone, in perfetto stile Gabbani, mescola leggerezza e profondità, trasformando riflessioni filosofiche in versi accessibili e coinvolgenti.
Il cuore del brano è l’idea che la vita sia fatta di momenti fugaci ma intensi: “È solo un attimo / Un lungo attimo”, “È solo un battito / Un lungo battito”. Questa tensione tra la brevità del tempo e l’intensità dell’esperienza ricorda il carpe diem oraziano, ma con una sfumatura più contemporanea, che accetta anche le imperfezioni e le contraddizioni. Le bugie che “dicono la verità più della verità” sottolineano quanto la realtà possa essere ambigua, dove anche le mezze verità possono offrire conforto.
Il brano esplora anche il tema dell’amore e del supporto reciproco: “A darsi il cambio / Ad aiutarsi / A consumarsi al vento”. Le immagini di “due paralisi faranno un movimento” e “due romantici alle porte dell’inferno” raccontano un amore imperfetto, fatto di fragilità condivise che, unite, trovano forza.
Viva la Vita non è solo un’esaltazione della gioia, ma un invito ad abbracciare l’esistenza con tutte le sue sfumature, comprese le sofferenze e le contraddizioni: “Su tutti i lividi farà da anestesia”. La vita, per Gabbani, non è perfetta, ma proprio per questo merita di essere vissuta intensamente, finché ce n’è.
Con Viva la Vita, Francesco Gabbani porta a Sanremo un inno all’esistenza autentica, fatta di attimi intensi, contraddizioni e amore imperfetto. Tra filosofia antica e sensibilità moderna, il brano invita a vivere ogni battito con consapevolezza, ricordandoci che la vita è preziosa proprio perché fugace e imperfetta.
Shablo, Gue Pequeno, Joshua e Tormento: “La mia parola”
La Mia Parola è la voce cruda e autentica della strada che Shablo, Guè, Joshua e Tormento portano a Sanremo 2025. Un inno hip-hop che mescola gospel, rap e blues, raccontando la lotta quotidiana tra cemento e smog, dove la sopravvivenza è la regola e la musica diventa riscatto: “Qui la gente muore e vive / Senza soldi e alternative”.
Il brano riflette l’essenza della street culture, dove ogni giorno è una battaglia per emergere: “24h 7 su 7 no stop / Siamo in sbatti sbatti per arrivare al top”. La fiducia è scarsa, l’ambiente ostile, ma la musica diventa la voce che rompe il silenzio dell’emarginazione: “Non ti danno abbracci, qua sei da solo nel block”. Questo richiamo alla dura realtà urbana evoca la tradizione del blues come musica della sofferenza e del riscatto.
Il titolo, La Mia Parola, sottolinea il valore dell’onore e della lealtà in un mondo dove le promesse hanno ancora peso: “Ho solo una word, se dico che hai la mia parola”. In un ambiente in cui tutto può crollare, la parola data resta sacra, quasi un richiamo all’antica idea romana della fides, la fedeltà come principio fondante delle relazioni umane.
La Mia Parola è una street song che porta sul palco di Sanremo l’autenticità e la rabbia della periferia, ma anche la forza della comunità e della musica come strumento di riscatto.
Marcella Bella – “Pelle diamante”
Dopo diciotto anni di assenza dalla competizione, Marcella Bella torna sul palco dell’Ariston con “Pelle diamante”, un brano potente che celebra la forza e l’indipendenza femminile. La sua esibizione a Sanremo 2025 ha emozionato il pubblico, confermando la sua capacità di portare sul palco non solo grande musica, ma anche messaggi profondi e attuali.
Marcella Bella, icona della musica italiana, ha colpito con un brano che non si limita a essere una semplice canzone, ma si trasforma in un vero e proprio manifesto di resilienza e autodeterminazione. Il titolo, “Pelle diamante”, suggerisce l’immagine di una pelle forte, dura e resistente come un diamante, capace di affrontare le sfide della vita senza piegarsi.
In una recente intervista, la cantante ha spiegato il significato profondo della sua canzone:
“Il mio è un inno femminista. Avere la ‘Pelle diamante’ significa avere la pelle dura, resistente a tutto. Con questa canzone voglio celebrare ogni donna che lotta per affermarsi e che sa esattamente ciò che vuole dalla vita.”
Il brano si distingue per un ritmo coinvolgente e un testo diretto, in cui emerge con forza la volontà di affermare la propria individualità.
Uno dei passaggi più significativi recita:
“Non ho bisogno di abbracci / Mi fanno strano”,
sottolineando il desiderio di essere indipendenti, senza la necessità di trovare conferme negli altri.
Altre frasi come “Fammi mille complimenti e stop / Tanto i miei difetti già li so” evidenziano una forte consapevolezza di sé e l’accettazione delle proprie imperfezioni, un messaggio che risuona fortemente con chiunque abbia imparato ad amare sé stesso senza compromessi.
La voce inconfondibile di Marcella Bella ha dato ancora più spessore a un brano già di per sé carico di emozione. Il pubblico ha accolto l’esibizione con un lungo applauso, dimostrando che il messaggio della canzone è arrivato forte e chiaro. Anche la critica ha apprezzato il suo ritorno, sottolineando la maturità artistica e la capacità di restare sempre attuale, pur mantenendo il suo stile inconfondibile.
Con “Pelle diamante”, Marcella Bella aggiunge un nuovo capitolo alla sua straordinaria carriera, confermandosi ancora una volta come una delle voci più autorevoli del panorama musicale italiano. Non è solo una canzone, ma un messaggio di empowerment femminile, che invita ogni donna a non abbassare mai la testa e a essere sempre fedele a sé stessa.
Il Festival di Sanremo 2025 si è aperto con grandi emozioni e, grazie a brani come questo, si conferma ancora una volta una vetrina non solo musicale, ma anche sociale e culturale.
Simone Cristicchi – “Quando sarai piccola”
Sul palco dell’Ariston, Simone Cristicchi ha regalato uno dei momenti più intensi della prima serata del Festival di Sanremo 2025 con il brano “Quando sarai piccola”. La canzone, accolta con commozione dal pubblico, affronta con delicatezza e profondità il tema dell’inversione dei ruoli tra genitori e figli di fronte al passare del tempo e alla fragilità della vecchiaia.
Cristicchi, noto per la sua capacità di trasformare storie personali in racconti di straordinaria empatia, dedica questo brano a sua madre Luciana e, più in generale, a tutti i figli che si ritrovano a prendersi cura dei propri genitori quando questi diventano vulnerabili.
Il testo è una lettera aperta piena d’amore, in cui il cantautore esprime il desiderio di restituire alla madre tutte le attenzioni e le cure ricevute da bambino.
“Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei / Ti starò vicino come non ho fatto mai”
Questi versi sintetizzano perfettamente il cuore del brano: un figlio che si prende carico del genitore con la stessa dedizione con cui, da piccolo, era stato accudito.
Musicalmente, “Quando sarai piccola” è un brano intimo, costruito su un arrangiamento minimale dove pianoforte e orchestra accompagnano la voce di Cristicchi con delicatezza, senza sovrastarne il messaggio. La scelta stilistica rafforza il carattere emozionale della canzone, lasciando spazio alla forza delle parole e all’interpretazione intensa dell’artista.
La performance di Cristicchi sul palco dell’Ariston è stata accolta con un silenzio carico di emozione, seguito da un applauso scrosciante. La sua voce, carica di sentimento, ha saputo toccare le corde più profonde del pubblico, rendendo la sua esibizione uno dei momenti più toccanti della serata.
Il tema della canzone è di quelli che toccano tutti. L’invecchiamento dei genitori, le malattie degenerative come l’Alzheimer, la paura di perdere chi ci ha cresciuti sono esperienze comuni, e Cristicchi le racconta con una sensibilità rara. La sua capacità di trasformare il dolore in arte si era già vista in brani come “Ti regalerò una rosa”, con cui vinse Sanremo nel 2007, e ancora una volta dimostra di saper dare voce a emozioni universali.
Un altro capolavoro nella carriera di Cristicchi
Con “Quando sarai piccola”, Simone Cristicchi conferma la sua capacità di unire musica e narrazione, offrendo al pubblico una riflessione profonda sul senso della cura e dell’amore filiale. Il brano si candida a diventare una delle canzoni più emozionanti e significative di Sanremo 2025, lasciando un segno indelebile nel cuore di chi lo ascolta.
La sua voce, le sue parole e la sua sensibilità artistica hanno reso questa esibizione uno dei momenti più commoventi della prima serata, dimostrando ancora una volta che la musica può essere non solo intrattenimento, ma anche strumento di consapevolezza e condivisione delle emozioni più profonde.
Achille Lauro – “Incoscienti Giovani”
Quarta partecipazione in gara al Festival di Sanremo per Achille Lauro, che torna sul palco dell’Ariston con Incoscienti Giovani, un brano dal forte impatto emotivo e generazionale. Dopo il debutto nel 2019 con Rolls Royce e le successive partecipazioni con Me ne frego (2020) e Domenica (2022), il cantante romano si conferma un interprete capace di reinventarsi costantemente, spostandosi dalle atmosfere urban dei suoi esordi fino a un cantautorato maturo e nostalgico.
Il testo della canzone è un ritratto vivido di una giovinezza sospesa tra sogni, errori e amori fugaci. Lauro racconta una storia che parla di notti insonni, di relazioni intense e del desiderio di non perdere se stessi nel vortice della vita.
“Se non mi ami muoio giovane, ti chiamerò da un autogrill”
Lauro trasforma una frase semplice in una potente immagine di solitudine e ricerca di un amore destinato a perdersi nel tempo.
Achille Lauro ha spiegato che la canzone è ispirata a una storia vera e rappresenta uno spaccato di vita che appartiene a tutti. Il brano si presenta così come una fotografia d’altri tempi, capace di evocare immagini retrò anni ’80, con riferimenti a fughe d’amore, sigarette condivise e sogni destinati a infrangersi.
L’incoscienza, in questo caso, non è solo un tratto distintivo dell’adolescenza, ma un modo di affrontare la vita, con la consapevolezza che ogni scelta, giusta o sbagliata, fa parte del viaggio. Non c’è giudizio nelle parole del cantautore, ma solo una celebrazione della libertà e dell’imprevedibilità della giovinezza.
Con Incoscienti Giovani, Lauro si conferma ancora una volta come un artista poliedrico, capace di esplorare diversi linguaggi musicali e di raccontare storie che parlano a più generazioni. Il brano è interamente scritto da lui, insieme a Bresh, Brunori Sas e Kekko Silvestre dei Modà, una collaborazione che fonde sensibilità artistiche differenti e che contribuisce a rendere il pezzo ancora più intenso e sfaccettato.
Sanremo 2025 segna dunque un nuovo capitolo nella carriera di Achille Lauro, che con questa canzone si spoglia degli eccessi scenografici per mettere al centro la musica e il racconto. Il pubblico dell’Ariston si troverà di fronte a un Lauro più intimo e riflessivo, ma sempre fedele a se stesso: un artista che, al di là delle mode, continua a essere voce e specchio della sua generazione.
Nell’intervista a RaiPlay ha raccontato così il brano: “La mia canzone, come sempre, è ispirata a una storia vera, parla di giovani incoscienti, parla di noi. Se la mia canzone fosse una fotografia probabilmente sarebbe una fotografia retrò, degli anni ‘80.”
Un inno alla gioventù, con tutto il suo fascino e le sue contraddizioni, che Lauro porta a Sanremo con la sua consueta intensità.
The Kolors – “Tu con chi fai l’amore”
I The Kolors tornano a far ballare il pubblico dell’Ariston con “Tu con chi fai l’amore”, il brano presentato alla 75ª edizione del Festival di Sanremo. Dopo il successo travolgente di “Italodisco”, la band capitanata da Stash continua a cavalcare l’onda della dance-pop, portando sul palco un pezzo che mescola atmosfere vintage anni Settanta e Ottanta con sonorità moderne e coinvolgenti.
Con “Tu con chi fai l’amore”, i The Kolors propongono una canzone che parla di momenti vissuti senza troppi ragionamenti, lasciandosi guidare dalle emozioni e dall’istinto.
“Evviva i momenti in cui non guida la testa, ma il cuore. Dobbiamo imparare a fidarci di più del nostro istinto”, ha dichiarato Stash, spiegando il significato del pezzo.
Il testo, caratterizzato da immagini dirette e fresche, racconta di incontri fugaci e della voglia di vivere senza troppi pensieri. Versi come “Mi piaci un minimo / Mi aspetti a Mykonos” e “Tu con chi fai l’amore / E perché” evocano una situazione leggera e spensierata, perfettamente in linea con lo stile energico della band.
Dal punto di vista musicale, “Tu con chi fai l’amore” riprende le sonorità che hanno reso celebri i The Kolors, ma con una nuova sfumatura. Il brano fonde elementi della disco anni ’70 e ’80 con una produzione attuale, dando vita a un sound accattivante e immediatamente riconoscibile.
“È una canzone con echi anni Settanta e Ottanta ma anche contemporanei, del 2024. Siamo felici di presentarla a Sanremo perché rappresenta un’evoluzione nel nostro percorso”, ha detto Stash.
L’arrangiamento richiama le atmosfere delle hit italiane di qualche decennio fa, senza però risultare nostalgico: il ritmo incalzante e il groove irresistibile la rendono una potenziale hit radiofonica.
La performance dei The Kolors a Sanremo 2025 ha confermato il loro carisma e la loro capacità di far muovere il pubblico. Stash e la sua band hanno portato sul palco un’energia contagiosa, coinvolgendo l’intero teatro con il loro sound esplosivo.
Se già con “Italodisco” avevano conquistato le classifiche, questo nuovo brano sembra destinato a replicarne il successo, trasformandosi in un tormentone perfetto per il pubblico sanremese e non solo.
Il brano ha già acceso la curiosità del pubblico e, dopo la performance all’Ariston, potrebbe presto dominare radio e playlist, confermando la band come una delle realtà musicali più fresche e innovative del panorama italiano.