Gli studenti italiani risentono dei pesanti problemi della scuola fatta da casa, dell’ingente carico di lavoro a cui sono sottoposti ogni giorno, ma, d’altro canto, riconoscono nella DAD l’unica alternativa valida e plausibile alla didattica in presenza. “Ogni forma di contatto sembra la più giusta”, commenta uno studente del Quinto Orazio Flacco, Portici.
La DAD parziale alternata
La nuova organizzazione delle attività didattiche, infatti, prevede che una percentuale dei ragazzi della classe seguano le lezioni in aula e gli studenti restanti si colleghino da casa. Gli alunni in presenza e quelli in DAD si alternano con cadenza settimanale. Accade spesso, però, che le scuole non abbiano l’appropriata strumentazione tecnica per il corretto svolgimento delle attività didattiche a distanza. In questi casi gli studenti hanno difficoltà a seguire le lezioni da casa. Gli alunni in presenza sono costretti, invece, a sostenere le stressanti regole di sicurezza: dalle mascherine da tenere per tutte le ore al divieto di contatto e di fare gruppo.
La DAD raccontata dagli studenti
“Per noi ragazzi a casa, risulta piuttosto difficile seguire le lezioni. Spesso gli insegnanti si dimenticano di noi e seguono solo i ragazzi in presenza; per non parlare dei problemi di connessione e delle continue interferenze che rendono quasi impossibile seguire le spiegazioni. Questa scuola non è scuola” – queste sono le parole di uno degli studenti del Quinto Orazio Flacco di Portici (Na). I giovani sono piuttosto delusi dalle modalità alternative di svolgimento delle attività didattiche, ma ammettono, tuttavia, la funzionalità e l’efficienza di questa metodica in un periodo del genere.
“È l’unico modo che ci permetta di incontrare virtualmente i nostri compagni. Sicuramente la DAD ha le sue falle nel sistema, ma, di questi tempi, risulta l’unica alternativa che abbiamo di seguire le lezioni in sicurezza, trovando, allo stesso tempo, quella vicinanza tra di noi e con i professori, che ormai abbiamo quasi del tutto perso. In questo periodo di pandemia, ogni forma di contatto sembra la più giusta” – afferma uno studente. I ragazzi, costretti a una “scuola alternativa”, reclamano, infatti, i propri meriti e pretendono che gli venga riconosciuto il duro lavoro. “Sentiamo spesso dire che, da casa, non svolgiamo correttamente il nostro dovere di studenti e che il nostro studio si limiti al minimo, ma non è affatto così. Trascorrere le ore davanti allo schermo del pc, dovendo prestare continuamente attenzione alle spiegazioni dei prof, provare a risolvere le mille problematiche, tecniche e non, per poter seguire correttamente le lezioni e dedicare i nostri pomeriggi quasi interamente allo studio non è affatto una passeggiata. Da casa il nostro lavoro è aumentato” – riporta una studentessa del medesimo istituto. Inoltre, i giovani, insieme ai professori, alla proposta avanzata da Gavosto di un possibile prolungamento delle attività didattiche fino al mese di luglio sembrano piuttosto contrariati e dubbiosi.
Fabiana Rinaldi
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